“Quando la cultura ammette che deve soggiacere al potere non c’è più spazio per una vera cultura”, così il Procuratore di Catania, Zuccaro, ha commentato quanto è emerso dalle indagini coordinate dalla Procura Distrettuale di Catania ed eseguite dalla D.I.G.O.S. – Sezione Investigativa – dal giugno 2016 al marzo 2018, che vede coinvolto il Rettore dell’Università di Catania e docenti universitari.
L’attività investigativa ha portato alla luce una vera e propria associazione a delinquere proprio in quella istituzione, qual è l’Università, che dovrebbe essere il simbolo della legalità, della meritocrazia e della crescita culturale e personale di studenti ma anche di docenti.
A capo di tutto questo il Rettore dell’Università di Catania Francesco Basile e di cui è promotore il suo predecessore Giacomo Pignataro.Tale attività era finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati fine volti ad alterare il naturale esito dei bandi di concorso per il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca; per l’assunzione del personale tecnico-amministrativo; per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo (Consiglio d’Amministrazione, Nucleo di Valutazione, Collegio di Disciplina); per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti universitari.
Su tale ultimo aspetto è stato messo in evidenza che il sistema delinquenziale non è ristretto all’Università etnea ma si estende ad altri Atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sono sempre preoccupati di ‘non interferire’ sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole.
La Procura Distrettuale della Repubblica di Catania ha delegato alla Polizia di Stato l’esecuzione di un’ordinanza applicativa della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio a carico del Rettore Francesco BASILE; del past Rettore dell’Università di Catania Giacomo PIGNATARO; Prorettore dell’Università di Catania, MAGNANO SAN LIO Giancarlo; dell’ex Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania, BARONE Giuseppe; del Direttore del Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania, CAVALLARO Michela Maria Bernadetta; del Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche dell’Università di Catania, DRAGO Filippo; del Direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania, GALLO Giovanni; del Direttore del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, MONACO Carmelo Giovanni; del Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania, PENNISI Roberto; del Presidente del coordinamento della Facoltà di Medicina dell’Università di Catania, SESSA Giuseppe.
Tutti sono ritenuti responsabili di associazione a delinquere nonché, a vario titolo, di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio e truffa aggravata.
Allo stato, il gip ha riconosciuto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di 40 indagati coinvolti nella richiesta cautelare avanzata da questo ufficio.
Le indagini hanno documentato l’esistenza di un vero e proprio codice di comportamento “sommerso” operante in ambito universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi devono essere predeterminati dai docenti interessati, nessuno spazio deve essere lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo può essere presentato contro le decisioni degli organi statutari.
Le regole del codice hanno, altresì, un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni sono punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico.
L’estrema pericolosità e la piena consapevolezza delle gravi illiceità commesse dal gruppospinto da finalità diverse dalla buona amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi privilegiati che condividono le condotte criminali dell’associazione a delinquere in parola, emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di “non parlare” telefonicamente o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive “bonifiche” degli Uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti nei loro confronti.
In conclusione, l’operazione della Polizia di Stato, ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore.